venerdì 11 aprile 2014

IL SEME DEL MALE

Non me ne vogliano i fan di Joanne Harris se la mia recensione al suo romanzo d'esordio non risulta del tutto positiva. Il seme del male è un'opera giovanile dell'autrice e come evidenzierò nella mia critica, ci sono una serie di motivi che giustificano la poca riuscita di questo libro. Sono aperta a chiunque abbia un parere diverso dal mio in merito, e voglia farmi presente la sua opinione. 
Detto questo, vi auguro buona lettura.



  



RECENSIONE:

Questo romanzo vorrebbe essere un horror, ma di horror ha ben poco, se vogliamo considerare l’atmosfera cupa e tetra di un cimitero e dei vampiri poco rassicuranti. Possiamo considerarlo più un urban fantasy dall’abito gotico e dal volto dark. 
Romanzo d’esordio della Harris, Il seme del male - come l’autrice stessa ha dichiarato - vuole essere una forma di ribellione nei confronti della madre che non le aveva mai permesso di leggere questo genere letterario. Possiamo quindi perdonarla se l’effetto horror non risulta riuscito a pieno. La trama si rivela essere piuttosto semplice e i personaggi pochi ma ben caratterizzati.
Alice Farrell è una giovane pittrice che un giorno si trova per caso a soffermarsi davanti ad una strana lapide nel cimitero di Grantchester a Cambridge. Il nome della defunta, appena visibile a causa delle erbacce che lo ricoprono, è Rosemary Virginia Ashley. 
Alice è subito pervasa da una strana e inspiegabile inquietudine, sensazione che tornerà anche quando conoscerà Ginny, la nuova e strana ragazza del suo ex fidanzato, Joe. 
Alice si rende subito conto che in Ginny si nasconde qualcosa di oscuro e sinistro, inizia perciò a temere per la vita di Joe, soprattutto quando scoprirà che la misteriosa ragazza compie visite notturne alla tomba di Rosemary, accompagnata da amici dall’aspetto inquietante che sembrano provenire direttamente da un’altra epoca. 
Perché Ginny dovrebbe andare a trovare una defunta seppellita mezzo secolo prima? 
Che connessione c’è tra le due donne?
La prima parte del romanzo risulta decisamente poco chiara e scorrevole, si comincia a capirci veramente qualcosa solo da metà in poi. Nonostante questo, la Harris riesce a ispirare una buona dose di suspance nel lettore, almeno all’inizio. Due voci narranti differenti si alternano nella narrazione della storia, fatto che inizialmente contribuisce a disorientare non poco chi legge.  I pochi colpi di scena presenti nel romanzo sono in gran parte prevedibili, tanto che a un certo punto il lettore si accorgerà di aver già capito come andrà a finire, ben prima del termine della lettura. 
La parola vampiro compare si e no una volta in tutto il romanzo, e solo verso la fine. Siamo infatti di fronte a vampiri che non si definiscono tali, per loro la Harris preferisce la semplice definizione di: creature. Si tratta di vampiri atipici, che non si nutrono delle loro vittime semplicemente succhiandone il sangue, ma in un modo ben più cruento che non vi voglio svelare. 
Per concludere: se siete amanti dei vampiri alla Twilight questo libro certamente non fa per voi, ma se cercate un horror leggero e qualche brivido lungo la schiena, allora troverete ciò che cercate.



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